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Cosa devo fare per diventare buddhista?

A volte mi viene chiesto: “Cosa devo fare per diventare buddhista? In cosa consiste il battesimo buddhista?”

Qualora ci sia un reale e sincero interesse a intraprendere questo sentiero, mi viene da rispondere che è importante la conversione della mente e del cuore. Questa conversione è naturale e spontanea nella misura in cui entriamo in contatto con la “verità” che è dentro di noi.

Un termine con cui si traduce la parola “verità” in Pali è “Dhamma” (Dharma in sanscrito). “Dhamma” è una parola molto importante da comprendere. Questo è l’incipit nel Dammapada, (i versi della legge), uno dei più diffusi testi del canone buddhista Theravada: “I Dhamma, i singoli elementi fisici o psicologici della realtà, hanno la mente come origine e la mente come essenza; chi parla o agisce con una mente corrotta sarà seguito dalla sofferenza come la ruota segue il piede del bue che trascina l’aratro.”

Tornando a “cos’è che determina in me la forte motivazione” nel praticare il Dhamma, mi viene da rispondere che è l’orientamento della coscienza. Dobbiamo agire in coerenza e con fedeltà, aderendo a questa verità, con il corpo, con tutte le nostre azioni e con la parola, ovviamente anche con la mente. La parola è la nostra espressione, non solo verbale; è la nostra espressione energetica e designa la nostra energia. L’unità di corpo e di parola, all’unisono, determina e favorisce questa apertura.

Un simbolo che rappresenta un risveglio è l’apertura del fiore di loto, propria della tradizione yogica e, ancor prima, del buddhismo tantrico. Il simbolo della ruota ben descrive il movimento e il vortice dei cosiddetti chakra e fiori, che rappresentano centri energetici all’interno del nostro corpo e del nostro campo energetico. Questi rappresentano vere e proprie porte che ci permettono di ricevere e trasmettere energia. Quando c’è un armonico fluire dell’energia all’interno di un sistema portato alla sua massima capacità di trasformazione, ecco che ci può essere un aderire pienamente al Dhamma.

Il termine va inteso nella sua molteplicità di aspetti e significati. Può significare anche legge o ordine cosmico. A volte è chiamato anche “legge mistica”, termine che designa un insegnamento del Buddha ma non solo. Il termine Dhamma ricorre anche nella tradizione dello yoga o dei Veda dell’antica India. Questo termine va ricondotto alla rappresentazione nella forma fisica o mentale di ogni evento della coscienza. Sta e designa ogni momento e ogni fenomeno che ci ritroviamo a esperire. Come dire, tutto è Dhamma, o Dhamma.

Ogni relazione di causa-effetto può essere intesa come dinamica dharmica e può a sua volta, grazie alla comprensione, divenire vero e proprio sentiero realizzativo. Infatti si dice: “Fai del tuo karma il tuo Dhamma”. Fai di ciò che sei, l’insieme di condizioni, di cause ed effetti che determinano il nostro stato vitale, che determinano il nostro essere nella forma, fai di quell’evento, di quel fenomeno che chiamiamo vita, il tuo sentiero, il tuo Dhamma, la tua verità. Portala a maturazione.

Non c’è un Dhamma lontano da noi, non è una meta da raggiungere. Ecco perché parliamo di risveglio, di un ritorno alla realtà e alla visione delle cose, un ritorno al Dhamma. In termini pali e in sanscrito, pur se ancora usato nel suo significato originario, ha assunto diverse sfumature; può essere letta a vari livelli. La radice sanscrita “dhar” può essere e significare “sostenere o mantenere”. Dalla parola “Dhamma” possiamo dare il senso di sostenere vari elementi di un insieme in una forma o mantenere in una forma le varie parti di un insieme.

Mario Thanavaro

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