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La formazione del monaco Theravāda nell’esperienza personale del Maestro Thanavaro

La scuola Theravāda è diffusa in tutto il Sud Est asiatico, in Sri Lanka, Birmania, Thailandia, Laos e Cambogia, ed è stata quasi del tutto soppiantata dall’Induismo nella sua terra d’origine, l’India.

I miei stessi maestri appartengono a un ramo specifico di questa tradizione: la scuola dei Monaci della Foresta, i cui fondatori erano monaci fortemente motivati a riscoprire le radici del Buddhismo.

Per 18 anni ho appreso numerose pratiche meditative vivendo per circa due anni come novizio e per 16 anni come bhikkhu (monaco buddhista) nei monasteri della foresta del Buddhismo Theravāda (La Via degli Anziani) thailandese, ispirati agli insegnamenti del Venerabile Bodhinyana (Saggezza del Risveglio), più conosciuto come Venerabile Ajahn Chah, e del suo discepolo americano più autorevole, il Venerabile Ajahn Sumedho.

Sangha dei monaci della foresta del lignaggio di Ajahn  Chah - Thailandia - Gennaio 1993
Sangha dei monaci della foresta del lignaggio di Ajahn Chah – Thailandia – Gennaio 1993

L’addestramento monastico nella foresta

L’addestramento nei monasteri della foresta è abbastanza duro e arduo, sia per le condizioni climatiche del Paese che per la disciplina monastica, osservata scrupolosamente.

Tuttavia, a metà degli anni Cinquanta, un numero crescente di discepoli si riunì attorno al Venerabile Ajahn Chah, che fondò personalmente decine di monasteri della foresta per addestrare non solo i nativi thailandesi, ma anche molti occidentali.

Visitando questi centri di Dhamma ci si trova immersi in un’atmosfera di semplicità e pace. Con queste condizioni di sostegno alla pratica della meditazione è possibile percepire la connessione con la tradizione e il lignaggio che risale ai tempi del Buddha storico, Siddhartha Gautama, detto anche Sakyamuni.

La mia esperienza in Thailandia

Vorrei iniziare dalla mia esperienza di vita in Thailandia, Paese che amo molto, in particolare dalla regione di Ubon Ratchathani, nel Nord Est del Paese, e dal monastero Wat Nong Pah Pong, luogo che ho visitato in più occasioni e dove ho vissuto per qualche tempo.

Il Venerabile Ajahn Chah ne è stato il fondatore e l’abate per circa 30 anni.

Sebbene Ajahn Chah avesse una buona conoscenza della letteratura pāli, la sua priorità assoluta è sempre stata “vivere il Dhamma”, attingendo direttamente e in profondità al significato più autentico degli insegnamenti del Buddha, spogliandolo da intellettualismi e fraintendimenti.

Egli è stato capace di infondere nuova linfa agli insegnamenti originari, vivendoli in profondità e presentandoli in modi che toccano tutt’oggi da vicino il cuore di milioni di persone in tutto il mondo.

Il suo stile, che qualcuno ha accostato a quello dei maestri Zen, è quello di indicare continuamente la meta del cammino spirituale, ma senza creare alcun senso di separazione tra il cammino e la meta — che per i buddhisti è il nirvana, la pace interiore.

Il Venerabile Ajahn Chah

Il suo insegnamento, benché estremamente semplice, è molto attento a non incoraggiare le abitudini mentali permeate da attaccamento, avversione ed ignoranza.

Ajahn Chah visse nelle giungle thailandesi per diciotto anni come monaco itinerante. In seguito, giunto alla realizzazione, accettò di ritornare al paese natale e di insegnare a monaci e laici.

Nel 1954 si stabilì nelle vicinanze del villaggio natale, in un luogo selvaggio infestato da tigri, serpenti e, secondo le credenze popolari, fantasmi. Nonostante la malaria, lo scarso cibo e il povero riparo, continuarono ad affluire i discepoli e prese forma il Wat Pah Pong, il suo primo monastero, al quale sono seguiti negli anni oltre 300 monasteri secondari sparsi in tutta la Thailandia e una decina nel mondo.

Lo stile profondo e allo stesso tempo conciso di Ajahn Chah ha attratto molti occidentali, che negli anni hanno scelto di vivere come monaci nella foresta seguendo le sue indicazioni.

Negli ultimi dieci anni della sua vita, fu costretto dalla malattia a vivere in un letto di un piccolo ospedale costruito appositamente per lui all’interno dell’edificio monastico. Ogni settimana, i monaci dei vari monasteri si radunavano per incontrarlo, riflettere sul suo insegnamento ed esprimergli la loro gratitudine.

Io stesso, per una settimana, ebbi modo di fargli da infermiere: fu questo un periodo di pratica, vi assicuro, molto intensa e profonda.

Il corpo di Luang Por (“Grande Padre”, come era affettuosamente chiamato dai suoi numerosi allievi) ha esalato l’ultimo respiro alle cinque e venti della mattina del 16 gennaio 1992. In un’atmosfera di pace e venerazione, è terminata così la vita di un grande maestro buddhista.

Per molti, la figura del Venerabile Ajahn Chah rimane un punto di riferimento non solo per l’insegnamento dell’impermanenza, ma anche e soprattutto per quello della gioia interiore.

Ajahn Passano - Luang Por Sumedho - Ajahn Amaro
Ajahn Passano – Luang Por Sumedho – Ajahn Amaro

Il mio maestro: Ajahn Sumedho

Alla fine degli anni Sessanta si riunì attorno alla figura di Ajahn Chah un piccolo gruppo di discepoli occidentali. Tra questi, il più autorevole è stato Ajahn Sumedho, mio maestro diretto per 18 anni.

Nato a Seattle, Ajahn Sumedho, dopo aver viaggiato in Oriente per alcuni anni, decise di approfondire la pratica della meditazione buddhista in Thailandia, fino a scegliere di impegnarsi totalmente nell’addestramento monastico.

La pratica sotto la guida di Ajahn Chah lo spinse a confrontarsi apertamente con se stesso, non senza grandi difficoltà, sviluppando le profonde qualità insegnate dal Buddha.

Grazie alla maturità acquisita in anni di addestramento mentale, Ajahn Sumedho è stato molto abile nel comunicare il suo insegnamento e ha recato un grande contributo alla diffusione del Dhamma in Occidente.

Dal 1977, alcuni monasteri sono stati fondati in Europa, in Australia ed in Nuova Zelanda, e affidati alla sua guida spirituale.

Visita ad Ayutthaya - l'antica capitale della Thailandia
Visita ad Ayutthaya – l’antica capitale della Thailandia

Simboli e luoghi del monastero

All’entrata del monastero viene solitamente collocata, su un pilastro, la ruota del Dhamma, simbolo dell’insegnamento buddhista dell’Ottuplice Sentiero. Al suo interno si trovano una o più statue del Buddha.

Nella scuola Theravāda, l’iconografia è piuttosto didascalica. Inizialmente, per diversi secoli, il Buddha non venne rappresentato in forma antropomorfica, bensì attraverso simboli: un trono, una sedia vuota, un elefante, un cavallo, le impronte, l’albero della Bodhi, una scala.

Oggi, nei paesi di Buddhismo Theravāda, la raffigurazione antropomorfica del Buddha è molto comune, anche se nella pratica dei maestri della foresta questa non è essenziale.

Difatti, ciò che il Buddha ci insegna è di prendere contatto con la natura stessa delle cose, e questa saggezza, sviluppata nel corso della pratica, costituisce nella nostra vita la presenza reale del Buddha.

La statua non è un idolo da adorare. La prostrazione davanti ad essa non ha la funzione di venerarla, bensì di manifestare con un gesto l’apertura all’insegnamento e alla virtù dell’umiltà.

Nei monasteri della foresta, alcuni maestri ritengono inutile la presenza della statua. Ad esempio, il Venerabile Ajahn Buddhadāsa, per molti anni, non volle averne una. Solo dopo, su richiesta dei suoi devoti, l’ammesse, continuando però a mantenere all’aperto il luogo d’incontro, senza costruire un tempio.

Ajahn Viradhammo -pindapada Thailandia
Ajahn Viradhammo -pindapada Thailandia

Ritmi della vita monastica

Spesso al centro del monastero vi è un campanile, la cui campana scandisce i ritmi della giornata monastica.

In Thailandia, la sveglia è alle 3 del mattino. In Occidente ci si sveglia alle 4. Dopo la pulizia personale e qualche esercizio yoga, si eseguono i canti e segue la meditazione in silenzio per circa un’ora e mezza.

Poi i monaci si recano, a piedi scalzi, nei villaggi per la questua. Non possono accettare denaro, ma solo cibo o oggetti utili al monastero.

Il cibo offerto, spesso riso appiccicoso, viene affidato alla cucina e redistribuito equamente per l’unico pasto della giornata, consumato in silenzio alle 8:30 del mattino.

Dopo il pasto, i monaci non possono consumare più alcun cibo solido fino all’alba del giorno seguente. Possono solo bere tè, tisane o succhi di frutta.

I precetti e la formazione

La vita monastica si basa su quattro precetti fondamentali, la cui violazione comporta l’espulsione dalla comunità:

  1. Non uccidere alcun essere vivente.
  2. Non avere rapporti sessuali.
  3. Non rubare.
  4. Non proclamare poteri spirituali non posseduti.

Chi desidera diventare aspirante monaco può iniziare con un noviziato di un anno, osservando 8 precetti. Dopo un secondo anno con gli stessi precetti, può ricevere l’ordinazione completa da bhikkhu, che comporta l’osservanza di 227 precetti.

La mia esperienza in Occidente

La mia esperienza monastica si è svolta prevalentemente in Occidente: 8 anni in Gran Bretagna e 4 in Nuova Zelanda.

Dopo 12 anni rientrai in Italia per fondare il monastero Santacittarama, inizialmente a Sezze Romano, ora a Frasso Sabino (RI).

L’apertura fu resa possibile grazie all’ambasciatore dello Sri Lanka e al dott. Vincenzo Piga della Fondazione Maitreya, con l’intento di offrire sostegno religioso agli immigrati provenienti dal Sud Est asiatico.

La routine quotidiana

Quando ero abate, la mia giornata iniziava alle 4:00 con canti e meditazione, seguiti da pulizie e colazione. Alle 8:30 uscivo per la questua. Il pasto veniva consumato alle 11:00, sempre prima di mezzogiorno.

Nel pomeriggio, lavori di manutenzione, incontri con visitatori, studio, scrittura e insegnamento. Alle 19:30 si tenevano i canti serali, la meditazione e un discorso sul Dhamma.

Riflessioni finali

Mi sono avvicinato al Buddhismo durante il servizio militare, in un periodo di confronto e scontro con certe istituzioni.

Non volevo far parte di un sistema che approvasse la guerra. Nel Buddhismo non si giustifica la guerra e si consiglia di evitare professioni non compatibili con la vita spirituale, come commercio di carne, veleni, armi.

Dopo 18 anni di vita monastica, ho scelto di tornare allo stato laicale. Ritenevo che la mia ricerca potesse proseguire in modo più libero, senza vincoli confessionali o istituzionali.

Come praticante e maestro laico, non promuovo alcuna religione: sono libero nel mio pensiero.

Come disse il Buddha:

“Ascolta il mio insegnamento e poi sperimentalo.”
Non crederci soltanto. Mettilo in pratica e trova la tua via.
La pratica è la vita. E la vita è la nostra vera maestra.

Per conoscere di più sull’autore: www.mariothanavaro.it
Per visitare il monastero Santacittarama: www.santacittarma.org

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