Per diciotto anni ho perseguito la mia ricerca spirituale impegnandomi in un’esperienza monastica all’interno di una scuola del Buddhismo propriamente detta Theravāda, la Scuola degli Anziani, detta anche Scuola del Sud.
La scuola Theravāda è diffusa in tutto il Sud Est asiatico, in Sri Lanka, Birmania, Thailandia, Laos e Cambogia ed è stata quasi del
tutto soppiantata dall’Induismo nella sua terra d’origine, l’India. I miei stessi maestri, i Venerbili Achaan Chah e Achaan Sumedho, appartengono a un ramo specifico di questa tradizione, cioè alla scuola dei ‘Monaci della Foresta’, i cui fondatori erano bhikkhu/monaci fortemente motivati a riscoprire le radici del Buddhismo.
A tal fine essi, circa centocinquanta anni fa, lasciarono i grandi centri monastici urbani per ritornare alle origini della loro tradizione e vivere nelle foreste. I ‘bhikkhu della foresta’, noti anche come “monaci della foresta” o “monaci delle foreste”, sono una figura distintiva nella tradizione buddhista. La loro scelta di ritirarsi in zone remote e incontaminate della foresta li distingue dai bhikkhu/monaci buddhisti più convenzionali che vivono all’interno di monasteri o templi.
Questa pratica è particolarmente associata alle tradizioni del Buddhismo Theravada, che è predominante in paesi come la Thailandia, lo Sri Lanka, il Laos e la Birmania. La foresta è il luogo sacro e iniziatico per eccellenza. È un ambiente che incarna sia la straordinaria ricchezza della natura, con la sua diversità di flora e fauna, che l’ostilità, con il pericolo costante di predatori, insetti, serpenti velenosi e condizioni meteorologiche avverse. Rappresenta la natura nella sua straordinaria ricchezza, ma anche nella sua terribile ostilità.
Il principe Siddhartha entra nella foresta per uscrirne trasformato, Buddha, Illuminato. Secondo il Buddha la foresta è il luogo ideale per meditare e confrontarsi con le difficoltà interiori, facendoci uscire trasformati, in quanto rappresenta una sorta di ritorno alla natura e una fuga dal mondo materiale e dalle distrazioni della vita quotidiana. Questa dualità della foresta riflette la dualità della vita e delle esperienze umane stesse, e la sfida per i ‘monaci della foresta’ è di confrontarsi con questa realtà in modo profondo e significativo.
Il Buddha stesso, il principe Siddhartha, ha sperimentato una profonda trasformazione mentre meditava nella foresta. È in questo ambiente che ha raggiunto l’illuminazione e ha trovato la chiarezza spirituale. Secondo la sua dottrina, la foresta è il luogo ideale per meditare e affrontare le difficoltà interiori. Qui, i monaci possono ritirarsi dal mondo esterno e concentrarsi sulla pratica della meditazione, sulla ricerca dell’illuminazione e sulla comprensione profonda della sofferenza umana e del modo per liberarsene. Attraverso la meditazione e il confronto con le sfide della foresta, sperano di emergere trasformati, avvicinandosi sempre di più alla realizzazione spirituale.
All’inizio questi monaci non incontrarono molti favori, ma nel corso degli anni diversi monaci manifestarono una notevole saggezza, suscitando l’interesse di alcune persone che smisero di frequentare i monasteri affollati delle città per recarsi nelle foreste ad ascoltare i loro insegnamenti. Un po’ alla volta, così, si formarono e crebbero i monasteri della foresta, richiamando sempre più interesse in particolar modo in Thailandia, nello Sri Lanka, in Birmania, nel Laos e nel mondo. Purtroppo questi stessi luoghi naturali stanno scomparendo e i ‘monasteri delle foreste’ sono tutt’oggi dei santuari preziosi che meritano di essere protetti.
Sangha dei Monaci della Foresta del lignaggio di Achaan Chah – Wat Nong Pah Pong, Thailandia – Gennaio 1993.